venerdì 29 dicembre 2023

Felice 2024

BUON 2024 DA AMBIENTE-BLOG




mercoledì 13 dicembre 2023

Perché i cani sbadigliano?

Vi sarà capitato numerose volte di vedere il vostro cane che sbadiglia. In questo caso l'animale vuole comunicarvi qualcosa.








Molti ricercato hanno studiato questo comportamento per comprenderne il significato, però, i risultati non sono ancora univoci.

Una cosa è certa per il cane lo sbadiglio non indica solo stanchezza e noia ma spesso serve per mandare un messaggio, proprio come scodinzolare o abbaiare.

Uno dei motivi sicuramente più validi è quello dell’ansia.
Il più delle volte, infatti, quando il cane sbadiglia vuole comunicare uno stato di preoccupazione o ansia; per capire quali sono le situazioni che gli creano questo disagio bisogna osservarlo: capita che sbadigli quando è alla presenza di un altro animale troppo curioso, oppure quando è sgridato per situazioni che non capisce.



Come capire il comportamento

Stiamo parlando di situazioni generali che ovviamente cambiano da cane a cane. Bisogna anche ricordarsi che il cane, specialmente se è stanco dopo aver giocato molto all'aperto sbadiglia semplicemente perché ha sonno.

Osservare il cane che sbadiglia è un buon modo per capire alcuni dei significati che si celano dietro a questo comportamento, tanto usuale quanto ancora poco conosciuto.

Quando la causa dello sbadigliare deriva da una situazione poco piacevole per il cane che gli crea stress, sicuramente avrà altri comportamenti anomali quali abbassare le orecchie, muscoli tesi e girare lo sguardo. Questa situazione avviene spesso quando sono presenti nel suo territorio persone estranee.

Lo sbadiglio è legato da un processo fisiologico che s’innesca con fattori emotivi e non. Il meccanismo di questo comportamento, porta a una maggiore affluenza dell’aria nei polmoni ampliandoli e quindi, a ottenere più ossigeno.

L’apportare più ossigeno al corpo quando si è ansiosi o stressati, è un processo difficile, che non si riesce a compiere in una sola inspirazione, per questo c’è bisogno di un successivo risucchio d’aria.

Spesso sbadigliare insieme al cane riesce a tranquillizzarlo, come se comprendesse che il padrone ha notato il suo disagio.

Un’altra situazione in cui accade uno sbadiglio è in seguito a quello del padrone. In pratica se l’uomo sbadiglia il cane, che è un animale molto empatico, fa lo stesso,

Come comunicare con un cane ansioso

È importante mettere al proprio agio il proprio cane così da poter condurre una vita tranquilla e sana, ciò avviene eliminando fonti di ansia e stress.

Se ti capiterà di entrare in contatto con un cane a te sconosciuto che ha paura, è nervoso o è aggressivo, per comunicargli che “siamo in pace” e non vogliamo fargli del male, sbadiglia. Vedrai subito che comincerà a essere più tranquillo e si inizierà a fidare di te. Quello che per l’uomo è un segno evidente di noia, per il cane è segno di pace e rispetto.





Noia

Capita a volte che i cani come gli umani sbadiglino perché si sentono annoiati o assonnati quindi lo sbadiglio è un segnale di calma e tranquillità. Il cane che sbadiglia al calar della notte o al risveglio da un pisolino lo fa non perché è stressato ma perché è pigro. In situazioni di tranquillità, infatti, non è insolito vedere il proprio animale che sbadigli di frequente.

Segnale amichevole

In alcune circostanze, quando il cane si trova di fronte ad un suo simile aggressivo, l’animale può sbadigliare per inviare un segnale distensivo. Anche un cane in posizione dominante può sbadigliare per rassicurare gli altri sulle sue buone intenzioni o più semplicemente della sua indifferenza, specialmente se si trova di fronte un animale spaventato. Un esempio tipico e quando un cane di piccola taglia per difendere il cibo ringhia ad un cane più grande, quest’ultimo sbadigliando comunica che non è interessato e il cane più piccolo si tranquillizza.

I cani tendono a sbadigliare anche quando si trovano in situazioni felici e piacevoli: utilizzano quindi lo sbadiglio come meccanismo di rilassamento. Anche quando sta camminando su un prato con il proprietario, gioca o è tranquillo su un prato, l’amico a quattro zampe può sbadigliare per esprimere gioia e tranquillità.

Dal Blog: I Pelosetti

venerdì 24 novembre 2023

Posate commestibili: un'alternativa alla plastica

La plastica è un materiale versatile e resistente, che ha trovato largo impiego in moltissimi settori, tra cui quello dell'imballaggio e della ristorazione. Tuttavia, come sappiamo ormai da tempo, la plastica è anche un materiale molto inquinante, che può avere gravi conseguenze per l'ambiente.

Ogni anno, infatti, milioni di tonnellate di plastica (solo in Italia si utilizzano annualmente 115 mila tonnellate di stoviglie di plastica) finiscono negli oceani e siccome è un materiale che non si degrada facilmente, può rimanere nell'ambiente per centinaia di anni. In questo modo, può accumularsi negli oceani, nei corsi d'acqua e nei terreni, causando danni alla fauna e alla flora.





Inoltre la plastica può anche essere ingerita da animali e persone; i laghi, così come gli oceani, sono pieni di particelle di plastica che vengono scambiate dai pesci per plancton e ingerite. In questo modo, entrano a far parte della nostra catena alimentare, con tutti i rischi che una sostanza del genere può comportare con gravi conseguenze per la salute nostra e degli animali.

Le posate commestibili

In questo contesto, le posate commestibili rappresentano una valida alternativa alla plastica. Realizzate con ingredienti naturali, come farina, acqua e aromi questi ingredienti vengono combinati per formare un impasto che viene poi lavorato e modellato per ottenere le forme desiderate.

Le posate commestibili possono essere utilizzate per servire una varietà di cibi, sia caldi che freddi. Dopo l'uso, le posate commestibili possono essere mangiate o smaltite insieme ai rifiuti organici perché completamente biodegradabili.

Pregi e difetti delle posate commestibili

Le posate commestibili presentano numerosi vantaggi rispetto alla plastica, sia in termini di sostenibilità ambientale che di praticità d'uso:

· Sono biodegradabili e non inquinanti.
· Sono prive di sostanze chimiche nocive.
· Sono disponibili in una varietà di forme e dimensioni.
· Sono relativamente economiche.

Le posate commestibili presentano anche alcuni difetti, tra cui:

· Hanno una durata di vita limitata.
· Possono essere meno resistenti delle posate in plastica.
· Non sono sempre disponibili in tutti i negozi.


Le posate commestibili sono una tecnologia emergente, che sta diventando sempre più diffusa. In futuro, è possibile che le posate commestibili diventino la norma, in sostituzione della plastica.

In questo senso, si stanno sviluppando nuove tecnologie per migliorare le prestazioni delle posate commestibili. Ad esempio, si stanno studiando materiali che siano più resistenti e durevoli, e che abbiano una durata di vita più lunga.
Inoltre, si sta lavorando per ridurre i costi di produzione delle posate commestibili, in modo da renderle più accessibili al grande pubblico.

Attualmente ci sono varie start up che hanno sviluppato delle posate commestibili come ad esempio la Triangle Tree di New York.
Questa Start up utilizza materiale organico per creare un cucchiaio commestibile. Nello specifico usano principalmente il mais perché è un cereale abbastanza resistente e può essere utilizzato anche per pasti caldi.





All’interno dell’Edible Spoon (letteralmente, cucchiaio commestibile) sono presenti anche: farina, lievito, zucchero, sale, uova, latte, spezie ed erbe.

Questi cucchiai sono, ovviamente, anche commestibili e sono anche venduti in diversi gusti: normale, piccante e dolce. Se poi, dopo l’utilizzo, si preferisce non mangiare la posata, è possibile riciclarla come materiale organico, per farne del compost.


Le posate commestibili sono una soluzione sostenibile per ridurre l'inquinamento ambientale. Queste posate sono completamente biodegradabili, non rilasciano sostanze chimiche nocive e sono disponibili in una varietà di forme e dimensioni.
In futuro, è possibile che le posate commestibili diventino la norma, in sostituzione della plastica.



giovedì 12 ottobre 2023

Lettiere per gatti

La lettiera è un elemento molto importante per il nostro gatto da non sottovalutare in alcun modo. Dovrà essere sempre pulita e perfettamente organizzata sia secondo le necessità del proprietario, che secondo le preferenze del pelosetto.



Esistono numerose tipologie di articoli, ma quale sia la migliore lettiera dipende solo dal nostro micio: ciò che preferisce, ciò che più apprezza e ciò che, proprio, non riesce a tollerare.
La funzione delle lettiere per gatti è assorbire l'urina e coprire le feci, riducendo la formazione di odori e batteri; anche se molti padroni quando prendono un gatto tendono a preferire le lettiere profumate,la maggior parte dei gatti sta benissimo con lettiere senza profumo e agglomeranti


Le lettiere agglomeranti formano delle piccole zolle (agglomerati) dove il gatto urina, rendendo facile la pulizia della cassetta tutti i giorni proprio perché basta soltanto eliminare le zolle che si sono formate e aggiungere un po' di lettiera quando il livello diminuisce. Ogni tre o quattro settimane, però, bisogna comunque sostituire la lettiera completamente e lavare bene la cassetta.

Le lettiere non agglomeranti sono composte da argilla naturale e disidratata in granuli, sono disponibili senza profumo o con additivi come il bicarbonato di sodio e deodoranti profumati. I rifiuti solidi si tolgono quotidianamente, e una volta alla settimana bisogna sostituire completamente la lettiera e lavare la cassetta.


Dal Blog: I Pelosetti

domenica 2 luglio 2023

I cani di Chernobyl

Il 26 aprile 1986, vicino a Pripyat in Ucraina, si è verificato il peggior disastro nucleare della storia nella centrale di Chernobyl. Ci sono state molte vittime immediate e molte altre nel lungo periodo a causa delle radiazioni. Da allora, è stata creata una “zona di alienazione” di circa 30 km intorno alla centrale, frequentata solo da scienziati, tecnici e… molti animali.




Sgombro forzato con abbandono degli animali

Infatti subito dopo l’incidente alla centrale nucleare, a causa delle contaminazioni radioattive, decine di migliaia di persone che vivevano nel raggio di 30 chilometri dall’impianto furono costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Lo sgombero organizzato dall’Unione Sovietica, in quello che oggi è territorio dell’Ucraina, fu organizzato in tutta fretta senza lasciare alla popolazione il tempo per raccogliere le proprie cose. Inoltre gli abitanti furono anche costretti, con la forza, ad abbandonare i loro animali sia nelle campagne, quindi mucche, pecore e maiali e sia nelle città tutti gli animali domestici; moltissimi ricordano ancora il dolore di dover abbandonare il proprio cane, spesso preso a calci dai militari che avevano il difficile compito di sgombrare intere città in poche ore.




Discendenti e volontariato

Oggi ci sono centinaia di cani loro discendenti, che ricevono cure da alcuni gruppi di volontari come Clean Futures Fund, un’organizzazione che oltre a fornire cibo ai cani si occupa anche di dare assistenza veterinaria quando necessario.

Anche se c’è stata una contaminazione, l’area di esclusione è un ecosistema molto ricco e un laboratorio all’aperto per esaminare gli effetti di una esposizione continua e a bassa intensità alle radiazioni. Come spesso accade, i primi animali scelti per gli studi in questo senso sono i cani: uno studio recente pubblicato su Science Advances, condotto dagli scienziati del National Institutes of Health degli Stati Uniti a Bethesda, nel Maryland, mostra che le popolazioni di cani di Chernobyl sono ora geneticamente diverse da quelle del resto del mondo, anche se per ora non sappiamo ancora questo cosa può comportare per gli animali.

Dogs of Chernobyl

Nel 2017 è stato avviato un progetto scientifico chiamato Dogs of Chernobyl. Gli scienziati dell’Università della Carolina del Sud e altri hanno osservato che il numero di cani randagi nella zona di esclusione di Chernobyl e nelle aree circostanti aumentava durante l’estate e diminuiva durante l’inverno a causa della scarsità di risorse. Dal 2017, hanno prelevato campioni di sangue da questi cani e hanno esaminato il genoma di 302 cani che vivono nella zona di esclusione e nelle aree circostanti. I cani venivano controllati dopo averli addormentati con un sedativo lanciato da una cerbottana, per non farli spaventare e ridurre i rischi di aggressione.





L’analisi genetica ha permesso di identificare 15 gruppi familiari, alcuni con un alto numero di cani e altri con pochi membri che vivono in territori meno ampi. Una differenziazione così importante ha stupito il gruppo di ricerca, che considera lo studio da poco pubblicato come il primo passo in un’iniziativa che richiederà anni e che potrebbe offrire qualche informazione sulla costante esposizione a livelli di radiazioni superiori alle soglie di sicurezza solitamente indicate. A oggi non è infatti chiaro come questi possano influire sulla salute sia delle piante sia degli animali, compresi gli esseri umani. Nel tempo sono stati pubblicati studi su possibili mutazioni genetiche causate dalle radiazioni in particolari specie di animali, come i moscerini della frutta o le rondini che vivono nei pressi della centrale, ma i risultati sono ancora dibattuti.

Questa iniziativa non solo aiuta i cani fornendo loro cure mediche, ma fornisce anche informazioni importanti sugli effetti sulla salute che gli esseri umani potrebbero sperimentare vivendo in un ambiente con una costante esposizione a bassi livelli di radiazioni, come i cani di Chernobyl.

Prossimi obiettivi della ricerca

La seconda fase di questa ricerca servirà per individuare le modifiche genetiche sostanziali (che producono effetti sull’organismo) e distinguerle da quelle marginali (che non producono effetti sull'organismo): differenza importantissima per per capire meglio l'effetto di un'esposizione per lungo tempo ed in modo costante alle radiazioni.


Le mucche di Chernobyl

sabato 20 maggio 2023

GATTI: Malattie della pelle

I gatti curano molto l'igiene della pelle, però possono lo stesso essere soggetti a fastidiose malattie.





Qui di seguito troverete elencate le malattie più comuni:

ACNE FELINA: Cause principali sono una alimentazione scorretta e problemi di digestione. I sintomi sono tutti attorno alle labbra e sul mento: punti neri, gonfiore, talvolta pustole, prurito. In casi meno gravi le prime cure possono essere somministrate a casa: bisogna lavare le parti malate con sapone neutro e acqua calda, asciugarle bene per evitare che l’infezione possa estendersi. Nei casi più gravi si consiglia di consultare un veterinario.

DERMATITI: Sono infiammazioni della pelle di diversa natura: responsabili principali sono pulci e parassiti, infezioni, allergie alimentari, shampoo non specifico per il gatto e così via. la dermatite più diffusa è sicuramente quella di natura allergica. I sintomi sono: croste e arrossamenti, gonfiore e rottura di peli; Il gatto avrà come immediata conseguenza un forte prurito e starà molto tempo a grattarsi.

DERMATOSI MILIARE: causata da allergie alimentari, alle polveri di casa e alle pulci. I sintomi sono ben visibili: croste con prurito e eruzione cutanea rossa. Le cure sono a base di antiparassitari; spesso, in caso di infezioni, vengono aggiunti dai veterinari degli antibiotici specifici. Gli antiparassitari devono essere usati anche sugli oggetti che il gatto usa di solito.

ALOPECIA: poco frequente, si manifesta con la caduta del pelo del gatto a chiazze, senza ricrescita. La cura specifica viene data dal veterinario che dovrà valutare caso per caso.

ECZEMA: Irritazione della pelle che si manifesta con arrossamenti, croste, e vescicole. Le cause principali sono da attribuirsi ad un cambiamento del cibo o ad una alimentazione non corretta, in casi rari può verificarsi a causa di allergie. Normalmente quando un gatto ha l’eczema tende a grattarsi e togliersi le croste. La cura adeguata viene stabilita dal veterinario che spesso prevede anche un cambio dell’alimentazione.

ROGNA: Quando il gatto perde il pelo a chiazze, ha croste, ha prurito e si gratta di continuo, significa che ha i classici sintomi della rogna, il cui responsabile è un acaro. In questo caso si consiglia di rivolgersi subito al veterinario perché questa malattia se pur facilmente curabile può essere trasmessa agli altri animali e anche all'uomo.

TIGNA FAVOSA: Una brutta malattia della pelle molto contagiosa, si consiglia di isolare immediatamente il gatto e di rivolgersi subito al veterinario. E’ una malattia dovuta ai funghi. Sulla pelle si formeranno arrossamenti e croste simili ai favi degli alveari., viene portata dai topi ed è contagiosa, perciò solitamente si consiglia di isolare il gatto, di rivolgersi Il medico prescriverà la cura più adatta a base di pomate e di antibiotici.

TRICOFIZIA: altra infezione da funghi. Il mantello del gatto avrà zone prive di pelo e residui di squame grigiastre. Facilmente trasmissibile all'uomo e agli altri animali; anche in questo caso bisogna chiamare al più presto un veterinario.

Dal Blog: I Pelosetti

martedì 9 maggio 2023

Cocoon: la ciambella incubatrice per alberi

Non sappiamo se si sono ispirati al famoso film di fantascienza del 1985 Cocoon dove alcuni alieni per sopravvivere erano stati inseriti in alcuni bozzoli (Cocoon in inglese) per poi essere recuperati in futuro, ma la LAND LIFE COMPANY a nominato proprio con il termine Cocoon lo strumento di riforestazione da loro inventato. L’idea non è molto lontana dalla pellicola di Ron Howard: infatti si tratta di “bozzoli” in grado di mantenere in vita una piantina appena interrata per tutto il suo primo anno, quindi il periodo più critico della sua crescita.




Cocoon è un contenitore in polpa di cellulosa riciclata, impermeabilizzata con cera naturale, della forma di uno stampo da ciambella e dalla capacità idrica di 25 litri. Al centro, nel foro della ciambella, viene interrata la piantina. Tramite due corti tratti di spago immersi nella vasca piena d’acqua, l’acqua gocciola sulle radici della piantina, assicurandogli il fabbisogno idrico per un anno. Lo stampo/bozzolo viene poi chiuso con un coperchio che isola la riserva d’acqua permettendo alla piantina di svettare al centro. Attorno ad essa viene posizionata un’ulteriore protezione forata che assicura la ricezione della giusta quantità di luce, ma che protegge la pianta da un irradiamento troppo forte e dall’attacco di piccoli animali. La piantina, sul cui substrato terroso vengono sparse anche spore di un fungo simbiotico particolare del genere Mycorrizha, supportata ma non impigrita dalla riserva d’acqua costante, sviluppa un apparato radicale profondo e robusto. Il tutto con l’utilizzo di soli 25 litri d’acqua,




In tutto il mondo, esistono circa 2 miliardi di ettari di terreni che sono stati danneggiati, principalmente a causa della mancanza di alberi. La riforestazione è la soluzione più rapida per contrastare questo problema, che le Nazioni Unite considerano una delle sfide più importanti da affrontare. L’utilizzo dei Cocoons in paesi come Arabia Saudita, Kenya, Messico e California ha portato a tassi di sopravvivenza tra l’80% e il 95%, molto più alti rispetto al 10% tipico degli alberi piantati manualmente.




«Certo inizialmente i costi sono superiori a quelli di una piantumazione tradizionale – spiega Antonella Totaro di Land Life Company – dal momento che Cocoon costa circa 8 euro ed è un costo che va affrontato in anticipo, ma i risparmi nella fase successiva, sia economici che idrici, sono garantiti». In quanto tempo si biodegrada il ciambellone? «Dipende molto dall’umidità e dalla natura del terreno, ma generalmente in un anno, un anno e mezzo». E quanto dura la riserva d’acqua da 25 litri? «Stiamo studiando un prototipo più grande per garantire maggior durata, ma in generale dai 6 ai 12 mesi. Le condizioni ambientali esterne sono un fattore determinante». Ci sono specie arboree che si adattano meglio a questo tipo di coltivazione? Ce ne sono invece altre che hanno mostrato scarsa adattabilità? «Cocoon è pensato per impiantare specie arboree locali, per mantenere l’equilibrio dell’ambiente circostante. Inoltre sono da preferirsi specie che non necessitano di troppa acqua». Quali sono invece i terreni più adatti? «Terreni sabbiosi ed argillosi. I terreni troppo rocciosi non garantiscono invece la presenza del necessario strato di terra di cui la piantina ha bisogno».




Cocoon è stato utilizzato anche in Italia, infatti, fra ottobre 2016 e marzo 2017 nell’ambito di un progetto di riforestazione più ampio che comprendeva anche Spagna e Grecia, è stato utilizzato in Calabria per piantumare 2400 alberi con enorme successo.

domenica 2 aprile 2023

Alberi anti inquinamento

Quali sono i migliori alberi anti inquinamento? In Italia e altrove nel mondo sono in corso degli studi molto interessanti con l’obiettivo di individuare quali siano gli alberi in grado di aiutarci a ridurre l’inquinamento.

Gli studi condotti dal CNR-Ibimet di Bologna e dall’Università di Southampton, nel Regno Unito, pubblicate sulla rivista scientifica Landscape and Urban Planning, che si sono occupati della situazione della città di Londra, hanno verificato che gli alberi in città rimuovono tra le 850 e le 2100 tonnellate di Pm10 all’anno. Inoltre, altri studi condotti dall’American Forestry Association, hanno verificato che un albero di circa 20 metri di altezza può assorbire ogni anno circa 1000 grammi di particolato.

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, una maggiore presenza di alberi nelle città può contribuire a ridurre l'inquinamento atmosferico. Gli alberi sono in grado di assorbire grandi quantità di anidride carbonica e di produrre ossigeno, che contribuisce ad abbassare la temperatura dell'aria. Il Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università del Massachusetts ha verificato scientificamente che alcuni alberi sono particolarmente adatti per contrastare l'inquinamento in città. Gli alberi di questo tipo hanno un'alta abilità di assorbire le polveri sottili presenti nell'aria (oltre al ben noto Pm10, a parere degli esperti, a preoccuparci dovrebbe essere soprattutto il Pm2,5, un particolato molto fine che contiene sostanze come nitrati e solfiti) e di trattenere la luce solare riflessa che può innescare il riscaldamento globale.

Inoltre, gli alberi possono ridurre i rumori e attutire i cambiamenti climatici.

In questo articolo, esamineremo 10 tra i migliori alberi che producono risultati nella riduzione dell'inquinamento atmosferico in città. Per ogni albero, forniremo informazioni dettagliate su come possono contribuire a ridurre l'inquinamento atmosferico, come ad esempio l'assorbimento di anidride carbonica, gli effetti sulla temperatura dell'aria e sui rumori, e altro ancora.

Acero

L'Acero, comunemente conosciuto come acero, è un albero alto e robusto che può raggiungere i 30 metri di altezza. È in grado di filtrare fino al 71% delle polveri sottili, è resistente ai parassiti ed è abbastanza resistente al vento e all'inquinamento. L’acero assorbe fino a 3800 chili di CO2 in vent’anni e abbatte le isole di calore in ambienti urbani.
Ciò fa dell'acero una delle migliori opzioni per contrastare l'inquinamento delle città.


Acero


Bagolaro

Il Bagolaro (Celtis australis, chiamato anche romiglia, spaccasassi o albero dei rosari) è una pianta appartenente alla famiglia delle Cannabaceae. Particolarmente adatto all’assorbimento del diossido di carbonio (3,660 kg in 20 anni), il Bagolaro può crescere fino ad un’altezza di 30 metri. Con le sue radici è in grado di farsi strada tra le pietre e addirittura di penetrare nelle rocce sgretolandole, da cui il particolare nome di albero spaccasassi.


Bagolaro



Betulla verrucosa

La Betulla verrucosa è un albero appartenente alla famiglia delle Betulaceae, proveniente dall’est Europa (Era considerata albero sacro presso i Celti) diffusasi successivamente in tutto il continente, è in grado di crescere sui terreni più impervi e nonostante il suo aspetto delicato, è uno degli alberi più resistenti al mondo. Può raggiungere i 30 metri di altezza, ed è una pianta slanciata. Anch’essa in grado di aspirare 3100 chili di CO2 dall’aria.


Betulla


Cerro

Il cerro (Quercus cerris) appartenente alla famiglia delle Fagaceae è un albero a foglie caduche che può arrivare a 35 m di altezza, possiede una folta chioma di forma ovale. A pari merito con la Betulla, assorbe fino a 3.100 chili di CO2. Il Cerro è originario dell’Europa sud-orientale e dell’Asia Minore. Nella nostra penisola, sono presenti boschi di Cerro soprattutto sugli Appennini.


Cerro


Quercia

La quercia è un albero molto robusto e resistente, che può raggiungere i 30 metri di altezza. È una delle specie più adatte per contrastare l'inquinamento, in grado di assorbire fino al 73% delle particelle di inquinamento. Anche le foglie di questo albero sono caratterizzate da un'alta resistenza all'inquinamento e alla siccità.



Quercia



Leccio

Il leccio detto anche elce, è un albero appartenente alla famiglia Fagaceae, diffuso nei paesi del mediterraneo. Ogni anno un singolo leccio è in grado di assorbire fino a 150/155 Kg di Co2 inoltre assorbe anche una grande quantità di polveri sottili ed è un ottimo indicatore dell’inquinamento da piombo.


Leccio


Olmo

Gli olmi sono alti e robusti. Possono crescere fino a 25 metri di altezza e hanno un'elevata resistenza alla siccità, il che le rende ideali per pulire l'aria nelle aree urbane. Questi alberi possono assorbire fino al 75% delle particelle di polvere fine.


Olmo

Platano

Il Platano è un albero resistente e robusto, generalmente alto tra i 20 e i 30 metri di altezza. È in grado di assorbire fino al 71% delle polveri sottili presenti nell'aria ed è molto resistente ai parassiti. Ciò rende il platano una delle migliori opzioni di albero da piantare nelle città in cui l'inquinamento è un problema.


Platano


Roverella

La roverella è la specie di quercia più diffusa in Italia. Appartiene alla famiglia delle Fagaceae ed è un albero a crescita lenta. È in grado di assorbire una grande quantità di Co2 (circa 185 kg l’anno) grazie alla sua grande e folta chioma.


Roverella


Tiglio selvatico

L'albero del Tiglio selvatico è una specie di albero caducifoglio spontaneo appartenente alla famiglia delle Malvacee, originario delle zone settentrionali dell'Europa. Questo albero si trova in molte zone della penisola italiana, ad eccezione delle isole, dell'Umbria e della Puglia. Può raggiungere un'altezza di circa 30 metri e avere un tronco con un diametro di circa 1,5 metri. In generale, il Tiglio selvatico è un albero molto longevo. È noto per essere un'ottima specie per assorbire la CO2 e per ridurre significativamente l'inquinamento atmosferico nelle zone urbane, ed è spesso utilizzato per questo motivo nei giardini delle città.


Tiglio



lunedì 16 gennaio 2023

Dissesto idrogeologico in Italia

In Italia da decenni non si riesce a fare qualcosa di significativo e duraturo per ridurre il dissesto idrogeologico. Nella sola Campania, una delle zone a più alto rischio, sono rimasti congelati 1,5 miliardi di euro per prevenire i rischi legati alle frane. L'Italia è l'unico Paese europeo che non ha ancora presentato il suo 'Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici'
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Da decenni in Italia non si adottano misure significative e durature per ridurre il dissesto idrogeologico (la somma dei fattori che degradano un territorio e lo rendono instabile anche in caso di forti piogge). Per decenni i governi si sono susseguiti, facendo promesse non mantenute, lasciando l'Italia in un Paese ad altissimo rischio idrogeologico. Secondo Legambiente, abbiamo più di 500.000 edifici (565.000 per l'esattezza) che vivono in zone ad altissimo rischio di frane.

È possibile prevenire la formazione di terreni geologicamente instabili attraverso finanziamenti e iniziative locali. Le risorse non mancano perché l'ISPRA, organizzazione governativa incaricata di studiare le questioni ambientali, riferisce che tra il 1990 e il 2022 sono stati spesi 9,5 miliardi di euro per combattere la terra geologicamente instabile. Senza dubbio, i soldi che non sono stati spesi sono sprecati; La Campania, una delle regioni più a rischio, ha 1,5 miliardi di dollari congelati per non rischiare frane catastrofiche. Alcune sovvenzioni europee non vengono utilizzate per mancanza di impegno. Nel PNRR, il totale dei fondi pari a 70 miliardi di euro, è riuscito a impegnare solo 2,5 miliardi di euro del suo finanziamento destinati alla stabilizzazione idrogeologica. Attualmente l'Italia è l'unico Paese europeo privo di un piano di adattamento ai cambiamenti climatici validato e messo in atto. Bisognerebbe risolvere rapidamente questa situazione.


Carta ISPRA della popolazione a rischio frane


Ogni euro speso in prevenzione equivale a quattro euro destinati alle spese di emergenza. Per le spese di emergenza e per accedere ai fondi, utilizzare questo rapporto da 1 a 4. Si applica anche ai programmi e ai riconoscimenti.

L'Italia è soggetta a inondazioni, frane e altri disastri naturali. Negli ultimi anni, questi eventi hanno causato molte vittime, causato danni significativi alla proprietà e hanno persino avuto un impatto sulla stagione turistica estiva. I rischi associati a questi disastri naturali si estendono sul 9,8% della superficie terrestre del Paese, hanno colpito 6.663 comuni italiani su 81.000.

Di conseguenza, In Italia si deve assolutamente ed urgentemente migliorare la sicurezza lavorando sulla prevenzione e su questioni specifiche. I ritardi principali sono dovuti ai conflitti tra le autorità locali che spesso ostacolano il lavoro su un determinato compito, oltre ad una mancanza di specialisti e progetti adeguati, inoltre, spesso si evidenzia anche una reale carenza di interesse da parte della politica su questo importantissimo problema.

Pertanto, il conflitto tra i commissari ad acta ei governi locali sulla giurisdizione spesso arresta il progresso. Questo, insieme alle questioni burocratiche, comporta un aumento del rischio per quanto riguarda l'idrogeologia.

Di fronte a un'idrologia geologicamente instabile, non siamo in grado di attuare misure che fermino disastri imminenti. Tutto ciò che possiamo fare è condonare la costruzione di sviluppi soggetti ad abusi vulnerabili all'instabilità geodinamica. Per questo motivo, le regioni non sviluppate con instabilità geodinamica sono incoraggiate a costruire. Ma le persone e i luoghi a rischio di imminente geo stabilizzazione spesso, purtroppo, possono presentare domanda di sanatoria edilizia nazionale o locale; delle 13.000 persone che vivono a Casamicciola e Lacco Ameno, in Italia, sono state presentate oltre 6.000 petizioni di sanatoria. Ogni singolo abitante ha presentato almeno una petizione e solo 22 edifici sono stati distrutti secondo gli ordini della magistratura.